mercoledì 14 ottobre 2015

Fanatismo Nippofilo, ovvero "I Giappominkia" chi sono e il perché di questo tipo di fandom"

Parliamo di un argomento un po' spinoso, anche perchè ci sono molti pareri contrastanti, c'è chi li considera ingenui, c'è chi li considera ancora giovani e inesperti, c'è chi li odia senza ritegno e li sfotte senza pietà, e chi invece dice è solo una tappa obbligatoria dove tutti siamo passati prima di diventare normali”, insomma l'argomento di oggi è un fandom reticente, poco preparato che con il tempo si è solidificando diventando appunto “la massa generalista”. Parliamo appunto di questo fenomeno di costume, senza per questo offendere nessuno: i Giappominkia, chi sono e perché sono nati e dove vogliono andare?

 Ma facciamo un po' di ordine e un passo indietro; quando tra la metà degli anni 90 e l'inizio degli anni 2000 gli anime e la cultura manga iniziava a diventare di moda grazie a Evangelion che di fatto ha sdoganato questa cultura ovunque, alcuni concetti erano già penetrati in occidente di provenienza sopratutto da parte di forum, come ora c'è facebook e altri social networks, allora c'era la moda dei forum e le varie chat irc che ingurgitavano cultura giapponese senza per questo filtrarla, c'era poco conoscenza e spesso certe notizie arrivavano di rimando, le riviste di settore come il kappa magazine o Benkyo o altri tipi di queste riviste, fornivano spesso notizie abbastanza vaghe o che provenivano di rimando dalle fanzine giapponesi, e non hanno chiarito bene alcuni concetti, così mode come quella otaku e la loro cultura hanno finito per diventare di dominio pubblico senza per questo domandarsi cosa significasse quel termine effettivamente.

 Era un concetto identitario che raggruppava almeno a detta di questi, quella che era la passione per manga e anime, quindi questo concetto essenzialmente sbagliato è finito per diventare diverso da quello originario; quando poi maggiori informazioni negli anni successivi hanno chiarito il vero “significato” si è creata appunto una netta distinzione tra i due termini, il primo quello che oramai si era solidificato per la massa, che aveva bisogno di etichettarsi in qualche modo per rendersi diverso come “cultura sociale in occidente” e l'altro quello della “psicopatologia di cui tutti siamo a conoscenza, ossia una devianza al fine di trasformare l'irreale come verità assoluta e tutto quello che ne comporta a livello sociale” appunto il vero significato di Otaku. Questa cosa ha finito per creare una sorta di “alibi” verso il primo gruppo che si è visto paragonato con un qualcosa di assolutamente negativo e hanno creato dei distinguo. “qua è diverso” hanno ribadito, continuando a fare in sostanza quello che avevano sempre fatto fino ad ora, ma visto che la rettifica è arrivata troppo tardi, questo non ha impedito al primo gruppo di fandomizzarsi assumendo quasi in tot lo stesso atteggiamento sociale dei loro parenti nipponici e un nuovo significato negativo completamente diverso dal primo, forse anche peggiore.

Facciamo chiarezza. Tutte e due i significati sono essenzialmente “negativi”, quindi chiunque adottasse la terminologia non si può affrancare con nessun alibi possibile, anche perchè dietro un termine vi è sempre una sua storia, una sua origine, una “annualizzazione” (concedetemi il termine, non posso parlare di secolarizzazione in questo caso). Abbiamo già parlato di concetto identitario .. ma cosa andava a racchiudere questo concetto: originariamente solo un modo per identificare chiunque vedesse anime e manga; l'etichetta riguardava sopratutto e spesso per acquisizione del “se guardi anime sei otaku” tutta quella schiera di utilizzatori del prodotto, anche chi ne faceva uso superficialmente. Ha finito così per chiudersi in delle comunity di gente che si gettava a capofitto nei mainstrem più in voga e che di fatto di andare alla vera conoscenza di quel prodotto o del paese del sollevante non gliene fregava nulla. Questi si sono proprio messi la benda sugli occhi, dei tappi per le orecchie per non sentire ragioni diverse e hanno cominciato a nutrirsi di luoghi comuni più gettonati, vedere il Giappone come il paradiso in terra e il regno dove nelle scuole si può fare di tutto, dove l'ordine e l'amore e la giustizia regnavano incontrastati e dove gli onorifici kun chan san dono e chi più ne ha più ne metta erano tanto kawaii, dove l'ausilio di senpai e kohai era la vera rivoluzione, e per parlare si doveva usare più parole giapponesi possibili. E sopratutto sull'annosa questione che “i cartoni animati non sono anime” 

perché i primi sono per bambini e i secondi invece di gente adulta perché c'è sangue e splatter a volontà. Poi per analogia l'Italia al confronto non aveva tutta sta carineria, era il paese peggiore di tutti, mentre il Giappone era per antonomasia solo “amore e libertà” facendolo diventare luogo ipotetico e “utopico” dove poter vivere il resto della loro vita campando di illusioni e dell'amore supremo della cultura nipponica sempre pronta ad accoglierti come una mamma premurosa. Se da una parte l'America portava concetti come “il sogno americano” il Giappone portava in dotte “il suo sogno” senza poi appunto distinguerlo dalla realtà effettiva di quel paese e dai suoi problemi interni. A tutta questo si univa appunto tutta quella massa di persone che drogate dai luoghi comuni dei battle e shoujo sentimentali più in voga, andavano solo su quei due tre titoli l'anno a costruire conoscenze molto approssimative facendole diventare la “cultura del mainstream”; questi manco avessero un nido di vipere dentro il corpo, appena qualcuno mostrava loro una critica un po' più sostanziale o che andava in controtendenza con quella che era l'opinione generale del fandom, iniziava a mordere e offendere chiunque obbiettasse sulla loro conoscenza condivisa; e così sono finiti per essere considerati persone aggressive, che si arroccavano a guscio nella loro idea del “siamo tanti” e se siamo tanti “abbiamo ragione”.  poi i vari fandom con il tempo sono diventati generativi, andando a produrre “luoghi comuni completamente spuri e fasulli” … se in Giappone gli otaku “producevano doushinji” qua producevano “meme e fanfiction”, iconizzando modelli di pg e anime, alterandone completamente le caratteristiche originali” e facendole diventare “la cultura Otaku” e per questo che verso la fine degli anni duemila per quanto riguarda le persone che in occidente si proclamavano in questo modo hanno iniziato ad associarne l'indicazione “Otaku = giappominkia” andando di fatto a raggrupparli nel comune denominatore di “fandom molto superficiale, disattento, aggressivo, e in genere molto impreparato che si nutre di stereotipi e luoghi comuni giapponesi” e in ogni caso è finito per andare a inglobarsi con lo stesso fandom “di otaku” originario per comportamenti non dissimili ed esagerati. Se i primi rifiutano la realtà identificandosi con un mondo di finzione, i secondi idealizzano il Giappone come una terra non del tutto diversa da quella dei primi .. in ogni caso rimane il concetto “negativo” a cui sia i primi che i secondi non possono sfuggire.

C'è comunque da precisare un concetto: che “chi si loda di questa appartenenza” in genere è quasi sempre piccolo o si ritrova nell'età adolescenziale (anche se non sempre), quando l'idea di “sentirsi parte di qualcosa diventa essenziale” per la propria formazione, trovando terreno fertile nella “compagnia” di altre persone con la stessa “ideologia”. Una buona parte di questi crescendo, maturano “una propria consapevolezza” e iniziano a comprendere i reali meccanismi del fandom e come accade sia in Giappone che in Italia, ma allargando, in occidente e in tutto il mondo “si finisce per abbandonare" quel contenitore “chiuso” sigillato da quelle etichette cosi "ingombranti” e si finisce per diventare persone “normali” che ragionano con la propria testa su quello che hanno davanti.





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